Mentre le nostre autorità sono a festeggiare in trasferta la festa delle donne, le "nostre" donne hanno preferito il palcoscenico cittadino e, mimose alla mano si sono trasferite in città dove si sente meglio il "profumo di donna" .
E’ risaputo che
il Teatro dei Pupi era un teatro , cosidetto maschilista. Su cento pupi-
personaggi nemmeno il dieci per cento erano figure femminili. C’erano più
marionette mostri (diavoli, draghi ecc.) che donne. Ne conseguiva che lo
spettacolo perdeva scenograficamente e le figure femminili erano quasi sempre
“citate” tranne pochissime come Angelica , Bradamante e Marfisa. Ovviamente
erano amazzoni e non figure femminili proprie (tranne Angelica). Le altre
decine di personaggi femminili non erano mai sviluppate ma bensì solo citate
alla lontana. Quando iniziammo a lavorare nei copioni negli anni 1970 ci rendemmo
conto che “l’assenza” era forte e non rispondeva alle intenzioni degli autori
epici. Evidentemente i vecchi pupari-autori disponevano del solo pubblico
maschile chiuso nella morale del tempo.
Basta pensare che nella sua storia sono pochissime le donne-puparo contro una
immensità di donne attrici.
Si è dovuto
aspettare gli anni sessanta (1960),per vedere fra il pubblico, stabilmente la
presenza femminile , e questo lo dobbiamo ai turisti americani quando negli
anni sessanta sbarcano in Sicilia dai Jumbo aerei, e quelli di origine
siciliana si riversavano nei teatri dei pupi assieme a moglie e figli.
Mettere mano ai
copioni (canovacci al tempo) dove le figure femminili erano ignorate o saltate
o escluse malgrado i grandi autori di epica ( Boiardo, Ariosto Pulci,
Forteguerri per finire al misilmerese Lo Dico o al palermitano Leggio) fu una
sfida che non potevamo far cadere. Purtroppo questo avveniva in contemporanea
alla decadenza del Teatro dei Pupi . Più che
una decadenza fu un suicidio paragonabile a quello delle balene di oggi
.
I vecchi pupari
non ebbero eredi capaci di continuare la tradizione.
Ma questo non è
il tema in argomento e quindi tornando al momento ( ci troviamo negli anni
settanta) quando iniziamo a riscrivere testi e copioni partendo dai personaggi
femminili. E cosi volendo esaltare l’Amore non trattiamo Angelica ma Isabella
di Galizia che con il suo Zerbino superano i moderni Giulietta e Romeo , se
vogliamo esaltare la donna madre, moglie impegnata ripeschiamo Bradamente , e
se non vogliamo lasciare indietro una donna libera senza tanti vincoli che
rifiuta principi e re ripeschiamo Angelica che avendo rifiutato mille nobili
pretendenti si innamora di un giovane extracomunitario che è sopravvissuto alla
morte dei suoi compagni di viaggio per finire quasi morente fra le braccia di
Angelica che malgrado il suo tempo non rifiuta il “matrimonio misto” .
Quindi non deve scandalizzarci il nostro tempo ricco di “cronaca nera”
che non sa trovare esempi positivi .
E detto da noi
che siamo stati emigranti verso tutto il mondo , discriminati, emarginati sino
agli anni 1950, oggi sentiamo solo la puzza degli extracomunitari e non la
nostra. Abbiamo dimenticato la nostra cultura madre che non è solo quella
greca, né la figlia romana ne la figlia bizantina per poi arrivare alla
spagnola, francese ecc.ecc. Dimentichiamo quello che per quasi quattro secoli è
stato nostro fratello colto più di noi, certo più tollerante di noi. E cosi
nascono titoli nuovi: Elena, Isabella,
Fiordiligi, Adalgisa, Jasmin, Bradamante, Ginevra, Fiammetta. Per finire in
quel vasto mondo femminile che popola il ciclo bretone della Tavola Rotonda :
che è un inno al rispetto della donna. Dove per la prima volta nasce un gruppo
di Cavalieri preposti alla difesa delle donne in tutti i luoghi e in tutte le
situazioni : dove cavalieri come Galad Lancillotto , Bores, Parsifal già
allevati allo stile cortese né fanno una regola di appartenenza.,
E’ li ci ha
portato un documento scoperto negli anni cinquanta che parla di una “nostra
figlia adolescente”, una ragazzina musulmana di 16 anni , che installatasi nel
nostro territorio, che noi abbiamo battezzato in Jasmin di cui conosciamo il
padre e la storia. Questo documento ci parla della resistenza organizzata
contro Federico II nel nostro territorio (allora musulmano) da Entella qui
dietro l’angolo a Platani e che la leggenda fa morire ai bagni di Cefalà Diana
per poi essere sepolta a Marineo sotto la Rocca.
Per non parlare
della mitica Baronessa di Carini trasformata dai cantastorie in martire e studi
recenti hanno accertato che li il femminicidio raggiunse il culmine.
Ora altre figure
femminili bussano alla porta. E sono recentissime come quella Benanti anche lei
giovanissima, che sicuramente non mancava tutti gli anni alla festa di
Tagliavia e che grazie anche a lei oggi ci permette di festeggiare l’otto marzo
e il grazie è detto malvolentieri perché lei stessa morì in quel maledetto rogo
in America assieme alle sue 146 compagne di lavoro iniziando la festa dell’otto
marzo .
La nostra è una
terra da cui emerge il male che da noi stessi viene esaltato dimenticando
sacrifici incredibili. E come dimenticare il sacrificio della giovane Sileci
che nel 1972 prese i suoi figli e con loro si buttò dentro un pozzo per non subire fame , privazioni e
gogna . E recentissima la notizia che il
comune di Marineo ha riesumato i loro poveri corpi (sepolti frettolosamente in
uno spiazzo) dandogli più degna sepoltura. Non siamo giudici ma rispettiamo la
decisione assurda di una madre che si trascina dentro un pozzo , sotto gli
occhi di tutti, i suoi due figli in un
contesto assurdo.
Tocca ai
sociologi spiegarci del perché dei femminicidi anomali dove uomini sino ad ieri
normali si accaniscono contro quella famiglia , quella donna e quei figli sino
ad ieri esaltati trasformandosi in belve senza dna …
Il nostro
territorio è un grandissimo palcoscenico dove si alternano gesti eroici a gesti
eclatanti. Come quella mamma che subendo il rapimento del figlio decide di
andarselo a cercare e liberare lei stessa calzando pantaloni e giacca del
marito sino a quando non lo trova dentro un pozzo (facendo arrestare i
rapinatori) ed ha fatto prima ad arrivare la notizia in Paese che Lei con il
figlio , eroina per un giorno perché il giorno dopo è rientrata nei suoi ruoli
abituali.
Non ci basta la
definizione di “animali” , “bestie”, “malati”. Come non ci basta un “concorso
di colpa “ davanti a delle bare o in
presenza di corpi sfigurati. E qui aspettiamo e preghiamo affinchè il lavoro
egregio e meraviglioso che hanno fatto le insegnati delle scuole primarie nelle
grandi battaglie sociali (come la mafia) continui perché solo loro possono
salvare le generazioni future da simili malattie.
Il necessario
lavoro di psicologi e simili si è dimostrato inutile, come quello dello
stato, mentre quello della sperduta
insegnante di provincia che spiega ai suoi alunni cosa è la mafia cosa è il
rispetto fra persone anche di sesso diverso, che non esiste un colore di pelle
privilegiato ecco da li aspettiamo la soluzione di certi problemi.
Ed i risultati
li vediamo perché è sotto gli occhi di tutti la presenza delle donne in tutti i
ruoli ad altissimo livello che stupisce solo chi aveva pregiudizi.
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