IL RACCONTO DELLA DOMENICA
Gli immensi vialoni danno conferma che si trattava di una tipica città imperiale, come Vienna, Parigi, Roma,Copenaghen, Praga. Non vedi la fine e ti sembra che più vai avanti, più il viale si allunga. In questi grandi viali sei sempre più solo perché non vedi mai quello che passa dall’altro lato della strada. Tutti vanno di corsa e fra alberi, auto, chioschi e cose varie, alla fine hai camminato per un’ora senza aver visto nessuno. Per fortuna questo vialone aveva una fine, e in piazza del Restauratore inizia un’isola pedonale proprio davanti all’ascensore costruito da Eiffel. Negozi vecchi di cento anni e negozi nuovissimi come tripperia e arrogance messi insieme uno accanto all’altro. Poco dopo inizia la salita verso il borgo, o la vecchia Lisbona, dove la sera ci si ritrova nei locali tipici ad ascoltare il fado bevendo vino verde o vino tinto o vino porto. Viuzze strette dove le macchine passano appena o meglio sono solo in parcheggio, ed io finalmente posso sbirciare persino dentro le case protette da tende per mosche più o meno trasparenti. Finalmente vedo la gente. Chi sta seduto davanti la porta di casa, chi cucina, chi rattoppa, chi ritorna con un borsone pieno di primizie appena comprate al vicino mercato. Quasi in cima al borgo mi trovo davanti la chiesa ed entro un po’ emozionato, pensando di trovarmi nella casa natale di Sant’Antonio de Lisboa. Da ragazzo non sapevo che fosse di Lisbona. Una stanzetta con un altare e una foto del Papa in preghiera e migliaia di scritte sul muro bianco. Passerò un’ora per leggerle tutte, dalle invocazioni alle suppliche, dai ringraziamenti alle attese, in tutte le lingue con la stessa umiltà.
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