Questo
racconto lo scrissi circa trentanni fa e lo pubblicai sulla rivista il
Segno della Diocesi di Milano, sotto il Card Martini. Poi lo ripubblicai
sul Guglielmo. Ora lo voglio dedicare a due miei “nipoti” che in questi
giorni sono in viaggio in Portogallo.
domenica 28 novembre 2010
Gli immensi vialoni danno conferma che si trattava di una tipica
città imperiale, come Vienna, Parigi, Roma,Copenaghen, Praga. Non vedi
la fine e ti sembra che più vai avanti, più il viale si allunga. In
questi grandi viali sei sempre più solo perché non vedi mai quello che
passa dall’altro lato della strada. Tutti vanno di corsa e fra
alberi, auto, chioschi e cose varie, alla fine hai camminato per un’ora
senza aver visto nessuno. Per fortuna questo vialone aveva una
fine, e in piazza del Restauratore inizia un’isola pedonale proprio
davanti all’ascensore costruito da Eiffel. Negozi vecchi di cento anni e
negozi nuovissimi come tripperia e arrogance messi insieme uno accanto
all’altro. Poco dopo inizia la salita verso il borgo, o la vecchia
Lisbona, dove la sera ci si ritrova nei locali tipici ad ascoltare il
fado bevendo vino verde o vino tinto o vino porto. Viuzze strette dove
le macchine passano appena o meglio sono solo in parcheggio, ed io
finalmente posso sbirciare persino dentro le case protette da tende per
mosche più o meno trasparenti. Finalmente vedo la gente. Chi sta seduto
davanti la porta di casa, chi cucina, chi rattoppa, chi ritorna con un
borsone pieno di primizie appena comprate al vicino mercato. Quasi
in cima al borgo mi trovo davanti la chiesa ed entro un po’ emozionato,
pensando di trovarmi nella casa natale di Sant’Antonio de Lisboa. Da
ragazzo non sapevo che fosse di Lisbona. Una stanzetta con un altare e
una foto del Papa in preghiera e migliaia di scritte sul muro bianco.
Passerò un’ora per leggerle tutte, dalle invocazioni alle suppliche, dai
ringraziamenti alle attese, in tutte le lingue con la stessa umiltà.Il
mio pensiero vola a Padova alla immensa basilica del Santo, alla sua
organizzazione mondiale, alla sua ciclopica struttura. In quelle stanze
di Lisbona, c’è tutta l’essenzialità della devozione. Non c’è nemmeno
una cassetta per l’elemosina. Allora mi ricordo del 12 giugno quando
per otto giorni qui si fa festa in onore del Santo, per otto giorni
tutto è pieno di luci, colori, festoni che sembra carnevale. Di
giorno tutti lavorano, poi al tardo pomeriggio festa sino a sera con
processioni e canti. Il giorno dopo sono ad Oporto. Ero seduto su
una panchina di pietra alla foce del Duoro e non riuscivo a vedere
l’altro lato. Mi dava un senso di timore vedere come tutto è immenso.
Persino l’aria sembra che ti schiacci. Tutte le misure a cui sei
abituato vengono a cadere. Fiumi come questi che sfociano
nell’Oceano ti fanno venire la pelle d’oca. Due giganti che si
incrociano, si spingono, si confondono, e tu sei più o meno un sassolino
sull’asciutto. Mentre guardavo tutto questo mi sono ricordato
delle frasi che avevo letto nella casa di Sant’Antonio. Me le ricordavo
tutte le più significative.
Passata Coimbra sulla sinistra inizia la strada verso l’interno. Il
verde perenne del Portogallo ti accompagna sempre. I paesetti sono
semplici e ben curati, le case hanno le punte dei tetti all’insù, sullo
stile importato dall’estremo Oriente; ci tengono tanto i portoghesi:
come gli orientali vogliono indicare che c’è un nesso fra terra e cielo e
quindi è come rivolgersi costantemente al cielo. Durante il
viaggio mi ripetevo mentalmente le frasi che avevo letto a Lisbona. A
queste aggiungevo le mie. Sì, una bella casa in montagna mi ci voleva,
anche la macchina era ora di cambiarla. Qualche soldo in più non mi
sarebbe dispiaciuto e quindi analizzavo con che criterio in cielo
scegliessero i vincitori delle lotterie. I miei figli me li vedevo già
super ingegneri e con borsa di studio, mia moglie sempre giovane ed io
al centro del mondo come realmente mi spettava. Poi pensavo ai miei
amici e conoscenti. Sì, appena giunto devo pregare per loro. Per mia
cugina che gli è sparito un figlio di undici anni dalle mani senza
accorgersene ed ancora oggi si chiede che cosa se ne fanno in cielo di
un ragazzetto così. Per una mia amica che a quarant’anni con quattro
figlie bellissime come la madre si ritrova punita, senza essere mai
stata colpevole, su una carrozzina ed io non posso andare a trovarla
perché mi sento un vigliacco fortunato. Per Paolo che un giorno è stato
scelto e il tempo si è fermato e tutti ci aspettiamo che riprenda e
visto che non succede mi angoscio non comprendendo perché lui, o perché.
Per quei due che tutto pensavano ma non che qualcuno andasse a dir
loro: ecco vi prendo un figlio di vent’anni! Come ci prendi un figlio
di vent’anni? Perché? Forse perché ne abbiamo altri due? Quando
arrivo davanti al piazzale potrei subito iniziare le mie preghiere se
non mi rendessi conto che in questo luogo un giorno tre pastorelli
dialogarono, pregarono, ricevettero confidenze dalla loro vera Madre e
che noi abbiamo chiamato segreti forse perché non siamo all’altezza di
essere suoi figli. Tre pastorelli… Mi guardo attorno e vedo il
tassista che da Oporto mi ha portato sin qui che mi guarda dicendomi:
“Signore, qui tutto si risolve, vada tranquillo, entri pure!” Un
prete spagnolo mi domanda: “que passa fratello? Domandi pure tutto
quello che vuole, la nostra Signora è anche nostra Madre!”. Dovevo
essere angosciato, ho ripetuto quasi tutte le frasi che avevo letto da
Sant’Antonio, avevo ricordato tutti i miei amici sfortunati e ora mi
sentivo pronto a chiedere per me. “Ti prego non togliermi quello
che ho…”. Arrivo in albergo che era tardissimo, agitatissimo ritiro
i fax, i telex e gli appunti delle telefonate. Ho anche paura, non sono
tranquillo e penso alla macchina nuova, alla lotteria e a tutto ciò che
avevo desiderato avere in più e mi vergogno. Finalmente trovo il
bigliettino che aspettavo fra tutti gli altri. “Dove sei stato? E’
tutta la sera che ti cerchiamo! Sei stato nelle vecchie cantine a bere
il porto? Non esagerare! Noi stiamo tutti bene, ciao!” Ti
ringrazio, nostra Signora, perché fino ad oggi mi hai lasciato tutto
quello che ho!