Quando ho visto
sul blog “Il Guglielmo” la pubblicazione della lirica “Quacina” di Vincenzo
Orestano, l’emozione mi ha fatto comprendere come il tempo dell’uomo sia
scandito in modo determinante dalla memoria.
Correva
l’anno 1975 e mi ricordo, sotto gli alberi di gelsi delle scuole elementari, la
commozione dei presenti nel sentire, dalla viva voce del poeta Orestano, i
versi laceranti sul figlio caduto nel fosso della calce viva.
La
stessa presentatrice Emma Montini, si solito così versatile nel condurre le
manifestazioni della RAI, rimase quasi di sasso di fronte a quella poesia dai
toni drammatici dove “u patri va circannu, unn’è ca ponn’essiri li carni di sò
figghiu.”
Emma
cercò poi di fare una domanda al poeta sul perché di quella lirica, ma Vincenzo
Orestano, con gli occhi lucidi, rimase in silenzio, poiché ogni poesia ha il
suo segreto, ed è proprio ciò che salva la vera poesia.
Il
suo silenzio fornì a tutti i presenti il
segno della sua umanità e d’altronde cosa avrebbe potuto dire di più un padre?
Allora
la giuria era composta dal prof. Giorgio Santangelo, docente di letteratura
italiana all’Università di Palermo, dal poeta Ignazio Buttitta dal prof. Massimo
Ganci, docente di storia del Risorgimento all’Università di Palermo, dai
rappresentanti di RAI Sicilia, Biagio Scrimizzi ed Elmer Iacovino, dal prof. Piero Di Giovanni e si
riuniva a Marineo nei locali del Circolo Culturale Cattolico in Via Lo
Pinto,62.
Ed
era uno spettacolo nello spettacolo notare il dialogo animato in giuria tra
Ignazio Buttitta e Giorgio Santangelo ma quella poesia “Quacina” si impose
subito all’attenzione della giuria per l’originalità espressiva e la forza
dirompente del realismo linguistico.
Erano
gli anni d’oro del Circolo Culturale, con un presidente animatore, qual era il prof. Ciro Benanti e dei soci
attivissimi che promuovevano una serie di attività, dai dibattiti sui temi più
scottanti della società, al teatro, alle gite, ai corsi di dattilografia ed ai giornalini periodici
che uscivano di solito nei periodi di Pasqua
o di Natale.
Ciro Spataro
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