« Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato » (Mc 2,27-28).
Possiamo sicuramente affermare che i rapporti che Gesù intrattenne con
la religione dei suoi padri furono alquanto complicati. Salvo
perdonabile dimenticanza, durante gli anni della sua vita pubblica il
Maestro si ritrovò ben poche volte a frequentare il Tempio. Nella sua
Nazareth, ad esempio, ci mancò poco che lo scaraventassero da un dirupo;
a Gerusalemme, invece, fu Lui a buttare fuori dal Tempio i mercanti e i
cambia valute e, infine, fu proprio dentro lo stesso Tempio, di fronte
al Sinedrio, che fu condannato a morte. Sarà anche per questo che quando
Egli spirò sul Golgota fu proprio il velo del Tempio a squarciarsi a
delineare che il Padre era stufo di abitare tra colonne dorate e
raffinate architetture avendo scelto ben altro Tempio in cui dimorare:
l’Uomo, come sottolineato fortemente dalle lettere di San Paolo.
I
più acerrimi nemici e denigratori del Maestro furono proprio dei pii
religiosi e osservanti della Legge: sacerdoti, scribi e farisei. Guide
di una religione che aveva sostituito all’autentico e semplice amore per
Dio, un Dio che li aveva liberati dalla schiavitù ed aveva mostrato
infinite volte la sua misericordia, un complesso di leggi e di regole
che sancivano ed orientavano ogni momento della vita dell’uomo in
pratiche sterili ed egoistiche che escludevano ed emarginavano i più
deboli ed indifesi elementi di quella società, inesorabilmente
considerati impuri. Gesù irrompe come un ciclone a scompaginare tutti i
consolidati equilibri, inimicandosi ogni potere costituito, accusandone
la malafede, l’iniquità, la totale lontananza dalla volontà del Padre e
attirandosi, perciò, persecuzione e morte.
(Nino Di Sclafani)
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