Ci
siamo chiesti più volte cosa sia “successo” fra Ciro Spataro e
l’Arch.Fiduccia per portare quest’ultimo a Palermo a conferire con la
Sopraintendenza per l’assegnazione dei locali di prossima consegna della
ultima parte in restauro del Castello. Ovviamente non ci è dato sapere
l’esito del colloquio , ma possiamo presupporre che la richiesta dei
locali del castello per essere assegnati alla Fondazione pone alcuni
interrogativi mentre chiarisce i termini che abbiamo posto all’inizio.
Ora
non ricordiamo di aver visto sulle barricate al tempo della battaglia
per il rinnovo dell’accordo con il Comune i due precitati. Anzi si è
fatta fatica a intavolare una trattativa proprio per la presenza del
primo citato.
Dobbiamo
subito chiarire che se il Castello diventa “casa popolare” da assegnare
esiste già una lista di circa 7000 abitanti e di una trentina di
congregazioni. Inoltre baipassare il Comune è un atto scorretto e la
fatica di aver ottenuto un buon rapporto con il Sopraintendente non può
essere baipassato per esigenze di parte. La Fondazione ha già locali a
sufficienza, immobili di proprietà, risorse che scialacqua in premi di
poesia superati e obsoleti, e quindi chiedere locali di cui non
riconosciamo la priorità non ci convince. Non dimentichiamo che i locali
di cui dispone sono sufficienti e secondo noi si deve intraprendere la
via del restauro. Inoltre facente parte della stessa aerea di
riferimento ci sono ben tre saloni al collegio che la stessa Fondazione
potrebbe usufruire dopo un intervento che ci sembra non cosi oneroso, e
di cui lo stesso Arch. Fiduccia è competente restauratore. Locali
quest’ultimi rifiniti alla perfezione in un immobile di prestigio.
Ora
il ventilare che una parte della Sopraintendenza che (dice lo Spataro)
gli è vicina (Bellanca) potrebbe avvicinare il passaggio dei locali
direttamente alla Fondazione senza passare dal Comune è un tema
delicato. A nostro parere dalle ultime cronache , riferite dai giornali,
manca ancora una certa trasparenza e questa ultima decisione, prima
smentita poi confermata di avventurarsi in un ulteriore investimento che
l’anno scorso è costato oltre 50.000 euro trasforma un ente che ormai
agisce come un ente privato.
Questo
è un bene comune che va affidato al Comune e questa mossa proprio ora
che il Comune sta imparando ad amministrare in proprio la cultura locale
non ci è sembrata una buona mossa. Tocca a noi cittadini vigilare dove
la trasparenza non è garantita.
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