La storia in
scena
Parole,
immagini, animazioni per un nuovo modo di raccontare la storia
Mi preparo per
una delle solite conferenze dove puoi partecipare solo se hai una grande
pazienza e tolleranza. Ad un certo punto mi sembra di essere in un
conservatorio dove tre minuti prima è vuoto e in tre minuti arrivano oltre
mille persone sicuri di andare a sedersi nel loro posto in tempo. Mi aspetto
una preminenza di studenti sessantottini e a dir il vero forse lo sono gli
adulti perché i pochi studenti di sessantotto non hanno nemmeno la docente che
li guida. Molti si salutano fra di loro e alla fine la sala è circondata da un
numero elevato di tecnici e addetti e il pubblico sembra in minoranza se non
fosse che alla fine la serata non era per “tutti”. Lo si capisce dall’accoglienza
di Massimiliano Tarantino che senza né aggettivi né sostantivi esagerati ci
introduce quello che hanno ottenuto da 140.000 digilitazzioni uno staff di “scelti”
per questo progetto giunto ormai alla sua scadenza. Ci si affida a Carlo Greppi più come storico
che come narratore e ai disegni Joshua Held che ci riporta al tempo delle
immagini disegnate perché i video e la fotografia non erano ancora dominanti. Docenti
e ricercatori presenti si alternano a docenti in video con un ritmo eccellente
(non più di dieci minuti per intervento) . Due attori , un produttore , sei
autori guidati da David Bidussa , 12 fra
animatori di immagini e scenografi , ricercatori di materiali e fonti
,organizzazione e comunicazione e supervisori. Una macchina perfetta senza una
pur minima sbavatura ci ha tenuti inchiodati su un tema assolutamente nuovo che
ci ha tenuti attenti per un ora. Non è
stata “una cattiva idea” questa di Massimiliano Tarantino. Si sono impegnate tre
serate (Siamo tutti americani, Tutte a Casa, Gente nostra sangue nostro). La ultima serata ci ha
proposto due storie , o meglio, riproposto, due inedite rivisitazioni (D’Annunzio e Battisti) da angolazioni originali
inaspettatamente lontane dal solito “revival” antifascista, ma abbastanza
distante dalle solite rivendicazioni partigiane e di popolo.
La Fondazione
Feltrinelli si è incamminata su un percorso nuovo e altamente tecnologico per “raccontarci”
la storia e se pensiamo al grande impiego di tecnologia e risorse solo una
grande struttura può imbarcarsi in questo percorso.
Ovviamente
mancava, o meglio, tutto è stato possibile perché “questi cento anni” passati
ti permettono un analisi storica meno passionale e figlia della ricerca.
Chi non lo
sapeva ha scoperto la Fondazione Feltrinelli ormai “casa della cultura” e non
solo multinazionale.
Ho apprezzato l’intervento
del prof. (Statale di Milano) Edoardo Esposito sulla Poesia e Guerra. Che ha
esordito con “La Poesia di Omero racconta di una guerra…”. La figura del
Battisti ne esce meglio del D’Annunzio soprattutto perché alla fine ci ha
chiarito quell’eterno dubbio che ci ha sempre accompagnato (traditore ?) mentre
il D’Annunzio è rimasto emarginato e fermo nel suo spazio dove è sempre stato.
Mi pare che “La
Grande Trasformazione” abbia aperto un nuovo modo di “interpretare” la storia.
La Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
ha sviluppato il progetto con
Fondazione Istituto Gramsci
Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Scuola Holden
e con il contributo della Fondazione Cariplo
www.fondazionefeltrinelli.it
www.fondazionefeltrinelli.it
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