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Di Silvano Vinceti
La solerte Stefania proseguiva integerrima nella sua raccolta di documenti, atti, stralci di biografie sul pittore della Canestra e, contemporaneamente, la mole di fogli, foglietti e pubblicazioni stava esondando dalla mia scrivania. Roma ha un clima imprevedibile e nella primavera alterna sapientemente giornate assolate e luminose con altre uggiose e piovose che invogliano alla lettura e alla riflessione. Una mattina di tempo grigio e di cielo plumbeo, iniziai a sfogliare e poi a studiare la impressionante mole di materiale accatastato confusamente sulla scrivania. Dedicai parecchi giorni allo studio attento delle carte. Iniziai a ordinare le diverse tesi legate agli ultimi giorni di vita del Caravaggio, feci lo stesso per le diverse ipotesi sulle potenziali patologie. Non essendo medico, era per me difficile svolgere un ruolo critico-interpretativo sulle patologie che venivano attribuite al Merisi. Una mattina chiesi a Stefania se conosceva un medico sveglio, capace e disponibile a collaborare con il Comitato.
Avevo bisogno di una persona che potesse vagliare la credibilità o la infondatezza delle considerazioni riguardo le menomazioni mediche e psicologiche che, con una certa facilità e sicurtà, venivano attribuite al pittore lombardo. Stefania mi fece il nome di un giovane medico napoletano da lei casualmente conosciuto. La ragazza, spigliata, arguta e motivata fece una buona impressione a Stefania, decisi di contattarla e l’incontro avvenne qualche giorno dopo nella sede del Comitato. Il medico si chiama Alessia Cervone, era a Roma da pochi mesi e stava frequentando il reparto neurologico della seconda università della città. Gli esposi quello che ci stavamo accingendo a compiere, la cosa la entusiasmò e si disse pronta a collaborare. Ebbi l’immediata sensazione che questa ragazza dai begli occhi profondi e musicali avrebbe svolto la sua “volontaria mansione”. Ci accordammo di rivederci dopo qualche settimana; nel frattempo fra Stefania e Alessia iniziò una stretta sinergia. Terminato l’esame della impressionante mole di carte sul Caravaggio, composi un quadro d’insieme che offriva la prima sistemazione razionale di quanto era stato scritto su ciò che rientrava nello specifico ambito d’interesse della ricerca che stavo strutturando.
La solerte Stefania proseguiva integerrima nella sua raccolta di documenti, atti, stralci di biografie sul pittore della Canestra e, contemporaneamente, la mole di fogli, foglietti e pubblicazioni stava esondando dalla mia scrivania. Roma ha un clima imprevedibile e nella primavera alterna sapientemente giornate assolate e luminose con altre uggiose e piovose che invogliano alla lettura e alla riflessione. Una mattina di tempo grigio e di cielo plumbeo, iniziai a sfogliare e poi a studiare la impressionante mole di materiale accatastato confusamente sulla scrivania. Dedicai parecchi giorni allo studio attento delle carte. Iniziai a ordinare le diverse tesi legate agli ultimi giorni di vita del Caravaggio, feci lo stesso per le diverse ipotesi sulle potenziali patologie. Non essendo medico, era per me difficile svolgere un ruolo critico-interpretativo sulle patologie che venivano attribuite al Merisi. Una mattina chiesi a Stefania se conosceva un medico sveglio, capace e disponibile a collaborare con il Comitato.
Avevo bisogno di una persona che potesse vagliare la credibilità o la infondatezza delle considerazioni riguardo le menomazioni mediche e psicologiche che, con una certa facilità e sicurtà, venivano attribuite al pittore lombardo. Stefania mi fece il nome di un giovane medico napoletano da lei casualmente conosciuto. La ragazza, spigliata, arguta e motivata fece una buona impressione a Stefania, decisi di contattarla e l’incontro avvenne qualche giorno dopo nella sede del Comitato. Il medico si chiama Alessia Cervone, era a Roma da pochi mesi e stava frequentando il reparto neurologico della seconda università della città. Gli esposi quello che ci stavamo accingendo a compiere, la cosa la entusiasmò e si disse pronta a collaborare. Ebbi l’immediata sensazione che questa ragazza dai begli occhi profondi e musicali avrebbe svolto la sua “volontaria mansione”. Ci accordammo di rivederci dopo qualche settimana; nel frattempo fra Stefania e Alessia iniziò una stretta sinergia. Terminato l’esame della impressionante mole di carte sul Caravaggio, composi un quadro d’insieme che offriva la prima sistemazione razionale di quanto era stato scritto su ciò che rientrava nello specifico ambito d’interesse della ricerca che stavo strutturando.
I Misteri del Caravaggio
Un cognome con troppe
versioni, tre nomi di battesimo diversi e mille incertezze anche su data e
luogo di nascita. Hanno scritto di lui che “amava il buio. Lo utilizzava in
pittura, lo ricercava nella vita”. Ma chi era veramente Michelangelo Merisi,
detto Caravaggio? Sul pittore maledetto
è stato scritto tutto e il contrario di tutto. Forse, per mettere insieme
almeno alcuni dei tasselli di questo inestricabile mosaico che fu la sua vita,
bisognava cominciare a dare voce a una serie di domande che da troppo tempo
aspettavano una risposta:
- Quali furono gli spostamenti
di Caravaggio prima della morte? Era a Porto
Ercole? Era a Palo? Era in stato
d’arresto?
- Perché c’è un riferimento all’Isola di Procida
riguardante i suoi ultimi
giorni?
- Che fine ha fatto il corpo?
- Che fine hanno fatto le “robbe”
del pittore?
- Nel suo ultimo viaggio era accompagnato
da qualcuno?
Ad ogni modo, la domanda principale restava la seguente: come e dove
era morto e sepolto il Caravaggio?
Diverse sono
state e sono le ipotesi sulle cause di morte sostenute dai diversi biografi del
pittore lombardo. La ridda di supposizioni ha avuto inizio con i tre biografi
contemporanei del Merisi, il Mancini, il Baglione e il Bellori, per poi proseguire
senza sosta fino ai giorni nostri. Esponiamo in forma succinta e sintetica
alcune delle presunte malattie che hanno avuto maggior eco letterario
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