martedì 24 ottobre 2017

GLI ULTIMI GIORNI DI CARAVAGGIO A PORTO ERCOLE



Negli ultimi anni ci sono state diverse “mostre ed eventi” dedicati al Caravaggio o meglio a Michelangelo Merisi “detto il dipintore” noto come “il Caravaggio”. Conosco diverse persone che da Marineo sono partite per visitare queste mostre grazie a “tanto nomine”  e al risultato che il martellamento dei media “sveglia” . Recentemente anche una fiction , di cui non so esprimere giudizio ci ha fatto conoscere chi fosse costui e la sua storia estrapolata da vecchie biografie.
Recentemente ho avuto la fortuna di reincontrare un personaggio che stimo tantissimo a tal punto di entrare in soggezione quando lo incontro. Ci siamo conosciuti con il Boiardo e mi venne spontaneo approfittare chiedendogli “…e il Caravaggio ?”. Stessa domanda gli fece il Vescovo Massimo di Reggio Emilia e mentre  con Mons. Massimo Camisasca si diedero appuntamento a Scandiano io chiesi a Silvano Vicenti se mi autorizzava a raccontare ai lettori del Guglielmo l’affascinante romanzo che per molti versi sembra la descrizione che fece Ceram dello Schlimann scopritore di Troia nel suo straordinario Civiltà Sepolte.
Incalzante e coinvolgente , come del resto sono gli autori.
Non dispiacerà agli amici e stimatori del Caravaggio come a chi ama conoscere il “curriculum” di questa figura straordinaria resa ancora più straordinaria dalla ricerca effettuata   da Silvano Vinceti e Giorgio  Gruppioni .

  
          Il casuale inizio della avventura scientifica

di Silvano Vinceti
Quella mattina di fine marzo l’aria romana era frizzante e profumata.
Dalla mia finestrella dello studio, collocato in viale Trastevere, sbirciavo la fetta di cielo che svettava fra gli angusti spazi occupati da massicci e sgraziati palazzi.  La primavera è una stagione ambigua, sfuggente. S’avverte il suo nascere fra gli anfratti dell’inverno analogamente ad una bella ed esplosiva adolescente che nella sua genesi si cela nelle fattezze e movenze di una fanciullezza che se ne va.
Osservavo quello scorcio di cielo che m’appariva con un colore dotato di maggior vivezza, fremito e inquietudine. Come un animale avvertivo l’impercettibile fiorire della stagione del risveglio, ne coglievo alcuni deboli segnali come sottili e celate particelle di profumo di viole o di altre essenze che si mescolavano ai tipici odori di una città come Roma.
Come altre mattine mi stavo preparando per andare al Dipartimento del Turismo dove dispiego la mia mansione di responsabile del settore turismo-natura e collaboratore del Ministro del Turismo, quando mi giunse una telefonata dell’editore per il quale ho scritto molto libri. Il sagace toscano, che da anni dirige una importante casa editrice nazionale, mi invitava a raggiungerlo nel suo studio perché doveva darmi alcune notizie che sarebbero state di mio sicuro interesse. La mia attuale abitazione si trova di fronte alla casa editrice dove opera il mio amico-editore e dalla quale ci divide viale Trastevere. Dopo pochi minuti ero nel suo studio ed Enrico, così si chiama, senza dire una parola mi passò un articolo uscito sul Corriere della Sera. Nel pezzo giornalistico, collocato in cronaca nazionale, era riportata l’intervista ad una archeologa di Porto Ercole, località collocata in provincia di Grosseto nel comune di Monte Argentario. Nell’articolo venivano riportate le dichiarazioni di una certa Giovanna Anastasia, la quale asseriva di sapere dove era sepolto il Caravaggio. Nell’articolo, l’abitante di Porto Ercole ricordava un particolare evento della sua fanciullezza durante il quale aveva assistito al disseppellimento di alcuni resti ossei di un vecchio cimitero denominato “ S. Sebastiano”. L’archeologa sosteneva che durante i lavori di scavo erano stati rinvenuti dei resti mortali avvolti in un nero mantello, un drappo che, secondo la donna, apparteneva ai Cavalieri di Malta. Il mantello si presentava segnato dall’azione corrosiva e distruttiva del tempo, ma in esso era riconoscibile la figura di una croce stilizzata, di forma ortodossa, dal colore bianco con bordo d’orato. Nell’intervista le dichiarazioni più significative riguardavano la presenza di una irregolare pietra, vicina al manto e ai resti ossei, nella quale erano scolpite le parole “ Michelangelo Merisi detto il dipintore”. Enrico conosceva bene la mia passione verso i misteri che avvolgono i grandi del passato. Lo ringraziai per la preziosa informazione datami e mi portai via l’articolo apparso sul Corriere della Sera, tornai in ufficio e lo deposi sulla mia scrivania, infine me ne andai al Dipartimento del Turismo. Qualche giorno dopo, lessi attentamente le dichiarazioni che riguardavano il presunto ritrovamento del Caravaggio rilasciate dall’archeologa porto ercolese; chiamai Stefania, mia stretta collaboratrice, e le dissi di iniziare una ricerca inerente la morte del grande pittore lombardo. Mi riservai di leggere tutto il materiale che Stefania mi avesse messo a disposizione, chiamai il coordinatore della equipe scientifica del Comitato, il prof, Giorgio Gruppioni, lo informai di questa interessante testimonianza della signora Anastasia e concordammo di risentirci appena io avessi avuto maggiori informazioni a disposizione. Decisi di recuperare il numero dell’archeologa di Porto Ercole: bastò una telefonata al comune di Monte Argentario, di cui Porto Ercole è una frazione. Il giorno dopo chiamai la signora e fissammo un appuntamento in un baretto collocato in una piazzetta dall’altisonante nome della città eterna: Roma. Il sabato seguente incontrai la spumeggiante e ciarliera signora; una donna di circa sessant’anni, di media statura, con l’occhio vispo e saettante. Fu abbastanza facile acquisire tutte le informazioni che mi servivano.
L’archeologa del piccolo borgo marino manifestò subitaneamente un forte legame al suo paesino. Conosceva bene la storia della sua località, dei principali accadimenti che avevano attraversato la comunità a cui apparteneva e in particolare mostrò una buona conoscenza sulla morte del Michelangelo Merisi e sui variegati eventi legati al pittore. Espose, con dovizia di particolari, la sua fanciullesca esperienza connessa al disseppellimento di resti mortali presenti nel vecchio cimitero di San Sebastiano. Varie volte si soffermò sulla vista di quel manto nero con la croce bianca orlata d’oro che avvolgeva dei resti ossei e una pietra in cui era riportata la scritta “ Michel Angelo Merisi detto il dipintore”. Con sguardo fermo, tono perentorio e una espressione mimica seriosa e composta, mi raccontò della presenza del parroco d’allora Don Mariano, di una piccola cassetta che fece fare seduta stante al falegname del paese, della deposizione in essa dei presunti resti ossei del grande pittore lombardo. Mi raccontò, scandendo e marcando le parole, che Don Mariano portò il prezioso contenuto nella chiesa di S. Erasmo. Dopo aver sorseggiato un caffè, riprese il suo racconto e mi disse che dopo quel giorno nulla più si seppe sul contenuto di quei resti ossei; in quel periodo lei era una bambina di circa 10 anni, e quella eccitante esperienza degli scavi nel vecchio cimitero venne presto dimenticata. Alla richiesta di una plausibile spiegazione di come mai dopo circa 50 anni si era decisa a raccontare questa storia, la risposta della Anastasia fu poco credibile, almeno a me apparve tale. Tornato a Roma, dopo qualche giorno Stefania mi presentò una discreta mole di carte inerenti alla morte di Caravaggio, le lessi avidamente e rimasi sbalordito dalle innumerevoli ipotesi sulla morte del pittore sostenute da vari biografi del periodo del Merisi e dei secoli successivi. Per un mio sfizio decisi di contarle, erano più di dieci. Chiesi a Stefania di proseguire la ricerca allargandola alle presunte cause di morte del pittore formulate dai diversi storici. Senza accorgermene, stava iniziando una coinvolgente avventura umana e storico-documentale che aveva come soggetto esclusivo il Caravaggio. Di questo originale e affascinante personaggio conoscevo ben poco; se ben ricordo, casualmente avevo ammirato alcuni sui dipinti presenti a San Luigi dei Francesi. Fu un’esperienza estetica che non dimenticai, ma come spesso succede, gli impegni e la routine della vita quotidiana gettarono un manto di dimenticanza su quel pittore.
Ora, forse non casualmente, stavo iniziando a entrare nella sua vita.

1-continua

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