Qual è la vera origine della ricorrenza dell’8 marzo?
Il sogno infranto delle tre
siciliane morte nell’incendio della Triamgle Shirtwaist
Libere
da impegni familiari - la cena per il marito già approntata - migliaia di donne
l’8 marzo occuperanno ristoranti e pizzerie, si scambieranno abbracci e mimose,
assisteranno maliziose e divertite allo strip di ben forniti maschietti
palestrati.
Ma
che c’è da festeggiare? Quando un crescente numero di donne ogni anno nel
nostro Paese trova la morte per mano dei loro compagni o mariti. I dati diffusi
da Telefono Rosa, l’associazione che aiuta le donne maltrattate, sono
preoccupanti: nell’anno 2013 ben 123 donne sono state assassinate. Un crescente
“femminicidio” - un neologismo orribile di cui non si sentiva il bisogno perché
basterebbe punire con pene severe l’omicidio di per sé, senza distinzione di
genere e verso chiunque. Ripercorrendo la storia
di questa giornata di “festa” sembra che sia legata ad un incendio scoppiato in
una fabbrica tessile l’8 marzo 1929 in cui sarebbero morte 129 operaie in gran
parte italiane ed ebree che minacciavano uno sciopero e per ritorsione il
padrone le avrebbe chiuso nella fabbrica dando l’ordine di appiccare il fuoco.
Non esistono prove o documenti che provino questo orribile episodio. E’ invece
più che documentato, con un vasto repertorio fotografico, l’incendio che il 25
marzo del 1911 scoppiò a New York in una fabbrica di camicie per donna, la
Triamgle Shirtwaist, che occupava gli ultimi tre piani di uno stabile, causando
la morte di 146 donne che si sfracellarono al suolo, di cui 40 donne italiane.
Tra le vittime tre siciliane: Provvidenza Bucalo Panno e Vincenza Pinello,
originarie di Casteldaccia e Vincenza Benanti originaria di Marineo (vedi
Marineoweb).
Le condizioni di lavoro,
proprio per il tipo di fabbrica, erano pericolosissime: tessuti dappertutto, il
pavimento coperto di scarti. Un lavoro massacrante, nessun sindacato a
difendere i loro diritti. Straordinari obbligatori e spesso non pagati. Gli uomini,
che tagliavano le stoffe, fumavano anche in presenza di lumi a gas a fiamma
libera. Mancavano adeguati sistemi di
sicurezza: solo pochi secchi d'acqua, inadeguati per affrontare eventuali
improvvisi incendi. I proprietari, che tenevano le operarie chiuse a chiave per
paura che rubassero o uscissero a loro insaputa - almeno così riportano le
cronache dell’epoca - si salvarono senza preoccuparsi di aprire delle vie di
fuga alle loro dipendenti. Molte morirono lanciandosi dalle finestre per
sfuggire al fuoco.
Malgrado la loro piena responsabilità i proprietari uscirono assolti dal
processo, ricevendo inoltre dall’assicurazione 445 dollari per ogni operaia
deceduta. Alle famiglie delle vittime il risarcimento fu quantificato in 75
dollari. Dopo questa tragedia furono adottate leggi per migliorare la sicurezza
sul lavoro.
Non è sicuro che questo incendio sia all’origine dell’8 marzo, ma non c’è
episodio più significativo delle condizioni della donna, sfruttata per pochi
soldi, nella società industriale degli inizi del ‘900.
Mariolina Sardo
ps. ci è piaciuto immaginare che Pino Taormina , attento ricercatore sulla Benanti, dedicasse la sua arte a tutte le donne tramite la sua musica ed in loro ricordo
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